Cresce la scuola parentale contro l’omologazione educativa –
La Nuova Bussola Quotidiana
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Per una scuola che cambia……………….GESÙ MAESTRO
- Un’avventura straordinaria
- La maestra unica
- Le classi omogenee, maschi e femmine
- La centralità di Dio e il ruolo della Chiesa
- Tre ingredienti per fare una scuola parentale
- Cattivi maestri (Steiner e Montessori)
- Sacerdoti educatori a confronto (Don Bosco e Don Milani)
- Manifesto “ È il momento della vera scuola cattolica”
- Istruzioni per aprire una scuola parentale
- Libri di testo e film da vedere
- Occasioni per incontrarsi
Andare a scuola è obbligatorio?
Andare a scuola non è obbligatorio. Secondo gli articoli 30, 33 e 34 della costituzione è obbligatorio istruire ed educare i propri figli. Questo può avvenire anche tenendoli a casa dalla scuola tradizionale. Fondamentale per crescere bene sono la socializzazione con i propri simili e il contatto con il mondo esterno allo stretto nucleo familiare.
Per questo si desidera fornire nel presente focus, una guida semplice e concreta su cosa sia una scuola parentale.
Scuola parentale: Più famiglie si mettono d’accordo per creare un ambiente educativo e di apprendimento comunitario per i loro figli e anche per i figli di quei genitori che si riconoscono nel progetto educativo ( e che per esempio, per problemi lavorativi, non possono provvedervi direttamente). La scuola parentale nasce quando alcuni genitori che condividono un pensiero educativo sui propri figli si confrontano, si mettono insieme, si organizzano e decidono di provvedere loro stessi all’educazione e all’istruzione dei figli.
È importante che chi si fa carico della responsabilità del progetto didattico e/ o che direttamente insegnerà ai bambini, abbia una formazione pedagogica e culturale adeguata.
Quando le persone si mettono insieme per uno scopo e per svolgere un’attività, di solito si organizzano in una qualche forma associativa sia essa una associazione riconosciuta, con personalità giuridica, oppure non riconosciuta, senza una personalità giuridica. È importante scegliere la forma più idonea allo scopo, all’organizzazione e al servizio che si intende erogare e che tuteli maggiormente i soggetti coinvolti.
Come assicurare l’assolvimento dell’obbligo scolastico?
Lo stato deve giustamente garantire che ogni bambino in età scolare dai 6 ai 16 anni, venga educato ed istruito e non sfruttato, per esempio, nel lavoro minorile o abbandonato in diverse forme di incuria, anche solo culturale.
Lo stato, tramite il dirigente scolastico della scuola o dell’istituto comprensivo che l’alunno dovrebbe frequentare, ha l’obbligo di controllare e di verificare che venga assolto il diritto – dovere all’istruzione del minore e lo fa principalmente attraverso tre canali:
- Accoglimento della comunicazione della famiglia di istruzione parentale che deve essere depositata ogni anno
- Esame annuale di idoneità alla classe successiva (o nel caso della terza classe della scuola secondaria di primo grado, con l’esame di licenza)
- La consegna alla scuola di competenza dell’attestato di idoneità alla classe successiva o dell’avvenuto esame di licenza media, se l’esame di fine anno viene sostenuto presso una scuola differente da quella di competenza.
La comunicazione d’istruzione parentale della famiglia al dirigente scolastico: tempi e modalità
La comunicazione che i genitori intendono provvedere direttamente all’istruzione dei loro figli, facendosi aiutare da professionisti, oppure appoggiandosi ad un’associazione, deve avvenire entro la data di chiusura delle iscrizioni. Questo termine è specificato ogni anno da un’apposita circolare del MIUR sulle iscrizioni per l’anno scolastico successivo; generalmente va consegnata dai primi di Gennaio fino alla fine di Gennaio e i primi giorni di Febbraio.
Può essere consegnata anche nei mesi successivi o in corso dell’anno scolastico, ma l’alunno alla chiusura delle iscrizioni, se non è già stata depositata la comunicazione di istruzione parentale, deve essere iscritto ad una scuola statale o paritaria.
L’esame annuale di idoneità alla classe successiva o all’esame di licenza è obbligatorio?
L’esame annuale è obbligatorio dal 2008 e può essere sostenuto presso una scuola statale o paritaria del territorio. Solitamente viene sostenuto dagli alunni al termine delle lezioni presso la scuola scelta dai genitori e che ha accolto la domanda d’esame. Tale domanda deve essere consegnata entro il 30 Aprile per gli esami di idoneità, mentre per l’esame di licenza, dallo scorso anno scolastico, bisogna presentarla almeno entro la fine di Marzo per poter sostenere le prove Invalsi.
In cosa consiste l’esame?
Gli esami di idoneità alla classe successiva prevedono per la scuola primaria:
- Due prove scritte: Italiano e Matematica, a cui si può aggiungere anche una prova di seconda lingua, solitamente Inglese;
- Colloquio pluridisciplinare su tutte le altre discipline.
Gli esami di idoneità alla classe successiva prevedono per la scuola secondaria di primo grado:
- Tre prove scritte: Italiano, Matematica, Inglese, a quest’ultima prova si può aggiungere una parte dedicata della seconda lingua comunitaria, se prevista nel piano di studi.
- Colloquio pluridisciplinare su tutte le altre discipline (si tenga presente che sono oggetto di esame anche le discipline come tecnologia, arte e immagine, scienze motorie e sportive e musica).
L’esame di licenza, classe terza, ha le stesse prove, per numero e tipologia, della scuola statale (che sono fondamentalmente le stesse previste per gli esami di idoneità per la scuola secondaria di primo grado).
Dall’anno scolastico 2018/2019 gli alunni che si avvalgono dell’istruzione parentale devono sostenere entro la metà o la fine di Aprile anche le prove Invalsi presso la scuola in cui sosterranno l’esame di licenza.
Quali programmi svolgere e presentare per gli esami di idoneità e di licenza?
Alla consegna della domanda di esame devono essere solitamente allegati i programmi svolti in tutte le discipline, sulle quali i figli saranno esaminati. È evidente che per comodità, e anche per ragionevolezza, solitamente si segue la scansione dei programmi proposti dal MIUR, svolti anche presso le scuole statali e paritarie, con la libertà di preferire ed approfondire alcune parti e di tralasciarne delle altre. La grandissima libertà però della scuola parentale consiste nelle metodologie didattiche ed esperienziali, nell’apprendimento informato, attraverso cui i bambini conoscono, imparano e si appassionano al sapere.
I programmi possono essere presentati elencando soltanto i contenuti svolti, oppure completandoli con le competenze e le abilità che l’apprendimento ha sviluppato e potenziato.
Restituzione della documentazione per il controllo dell’assolvimento dell’obbligo scolastico
La scuola statale o paritaria presso cui si svolgono gli esami, rilascia l’attestato di idoneità o non idoneità alla classe successiva oppure di promozione o non promozione per l’esame di licenza: In quest’ultimo caso deve essere attribuito anche un unico voto espresso in decimi. Viene rilasciato anche il certificato dei livelli raggiunti nelle prove Invalsi. L’attestato di idoneità o di promozione dell’esame di licenza deve essere consegnato alla scuola di competenza (o di stradario) per certificare l’avvenuto superamento dell’anno scolastico in corso.
Fornitura dei libri di testo
Anche per gli alunni che si avvalgono dell’istruzione parentale primaria, il Comune di residenza fornisce gratuitamente i libri di testo ai genitori che ne fanno richiesta tramite la cedola libraria. Per la secondaria analogamente alla scuola statale, sono i genitori a sostenere eventuali spese per i libri di testo, peraltro non obbligatori nella scuola parentale e sostituibili da altri testi narrativi o scientifici adatti.
Scuola parentale per alunni con disturbi specifici dell’apprendimento o certificazione ai sensi della legge 104/92
Anche gli alunni con segnalazione DSA o certificazione ai sensi della legge 104/92 possono avvalersi dell’istruzione parentale o frequentare scuole parentali o familiari, ma i genitori devono presentare per gli esami di idoneità il piano educativo personalizzato (per alunni con segnalazione di disturbo specifico dell’apprendimento) e del piano educativo individualizzato (per alunni certificati ai sensi della legge 104). Questi documenti sono necessari perché gli esami possano essere svolti nel rispetto dei percorsi personali di ognuno.
Quali spazi utilizzare?
E bene che ogni giorno l’ingresso a scuola venga effettuato con un orario ed una certa regolarità.
Saranno creati spazi idonei, aule, cortili, laboratori, aule multimediali che abbiano anche le certificazioni per la sicurezza. I bambini e il personale dovranno essere assicurati contro gli infortuni, si faranno prove di evacuazione e il personale educativo dovrà essere dotato di certificati di primo soccorso, di sicurezza di base ed essere informato sulle norme del trattamento dei dati personali.
Quali insegnanti nelle scuole parentali?
Gli insegnanti e gli educatori devono avere le seguenti caratteristiche: devono
Insegnare con passione e professionalità, che non è tanto soltanto questione di titoli, ma molto di più ; possedere una buona capacità comunicativa, empatica e didattica. Se un gruppo di famiglie si accorda per creare una scuola parentale per i propri figli è assolutamente necessario che i professionisti che vengono coinvolti abbraccino in pieno il progetto educativo e didattico che ha mosso i genitori a questa scelta. Quando si sceglie come genitori di delegare l’istruzione familiare a terzi non può venir meno, pena l’inefficacia e l’inutilità della scelta, il coinvolgimento personale affettivo, di tempo e di professionalità nel seguire i figli, nell’intervenire nelle questioni e nelle attività scolastiche, così come nei laboratori e nelle uscite. I bambini ritengono importante ciò a cui i genitori danno importanza, ciò a cui i genitori dedicano tempo ed energie: se mamma e papà si lasciano coinvolgere nella loro avventura educativa e scolastica, per loro questa diventa importante, se si lasciano coinvolgere molto, per loro diventa molto importante e l’imparare appassionante perché si carica di un vissuto emotivo ed affettivo personale positivo.
Come sostenere le spese?
L’istruzione parentale o familiare non riceve alcun contributo dallo stato o dalle regioni: è tutta a carico dei genitori.
Se un gruppo di genitori si organizza in una qualche forma associativa per sostenere l’istruzione parentale dei propri figli, sarà l’associazione stessa a stabilire quali spese si devono sostenere: affitto dei locali, assicurazione, retribuzione degli insegnanti, arredi e di conseguenza a fissare un contributo che le famiglie devono versare per sostenere le spese. Le modalità di versamento e di partecipazione alle spese saranno decise anche in base alla tipologia di associazione scelta e a norma di legge.
È facile o difficile aprire e sostenere una scuola parentale?
Educare è sempre difficile perché è l’incontro di più libertà, è difficile soprattutto se non si ha in mente un’idea di uomo, (antropologia) verso cui educare e da cui far discendere una pedagogia e una didattica coerenti con l’idea di uomo che si desidera formare, far uscire. Educare oggi è forse ancora più difficile di un tempo perché spesso non si ha una comunità di riferimento, una comunità fatta di famiglie che condividano un’antropologia, una pedagogia e una didattica, che condividano fatiche e gioie, successi e problematiche, che sia luogo di confronto e di sostegno, di conforto e di esempio.
È fondamentale pertanto riflettere su cosa sia una scuola parentale cristiana e perché sia così importante soprattutto in questi tempi.
Scuola Parentale Cristiana Cattolica
Negli ultimi decenni abbiamo assistito in Italia alla distruzione pianificata della scuola. Il concetto stesso di educazione è cambiato radicalmente. Se tradizionalmente l’educazione era concepita come una trasmissione di conoscenze e formazione del carattere secondo determinati valori condivisi, oggi l’educazione è concepita come un mezzo per distruggere nei bambini e nei ragazzi i vecchi modelli di riflessione, volizione e sensibilità sostituendoli gradualmente con forme di pensiero, deliberazione e sensibilità sempre più egualitarie e libertarie. Solo per citare alcuni elementi che ci aiutano a capire cosa è accaduto con il Socialismo autogestionario.
- Abolizione dei voti. Il primo ad essere abolito, nel 2017, è stato il voto di condotta. Poi, nel 2019 agli insegnanti delle scuole elementari è stato vietato di dare voti.
- Abolizione dell’ora di religione
- Educazione affettiva e sessuale: “Non so chi sono. Io divento. Sono fluido“. Nella seconda fase, “io e gli altri“, si esplorano le relazioni interpersonali. Ai bambini a partire dai cinque anni viene chiesto di esplorare il proprio corpo e quello dei compagni. Questo porta alla terza fase “affetto e sessualità“ in cui i bambini sono stimolati a relazionarsi anche sessualmente con i loro compagni.
- Agenda LGBT.
L’imposizione dell’agenda LGBT merita un capitolo a sé. Nel 2014, il ministero della pubblica istruzione emanò un decreto che imponeva un “programma di educazione all’affettività e alla sessualità“. Gli studenti dovevano essere istruiti da membri dell’Arcigay. Gli insegnanti dovevano seguire “Corsi di aggiornamento“ tenuti da questi stessi militanti. I critici hanno accusato questo programma di trasformare le scuole in un campo di indottrinamento LGBT. Poco prima della pandemia, con l’intento di “Educare alla tolleranza“, il ministero aveva emanato una circolare suggerendo alle scuole di organizzare una giornata settimanale in cui i ragazzi si vestissero da ragazze e viceversa. Più recentemente, il 15 maggio 2022, il ministero ha emanato una circolare in cui invitava le scuole a organizzare “Iniziative di educazione e sensibilizzazione” in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Tutto questo ha avuto ripercussioni sul livello dell’istruzione del nostro paese : abbassamento dei livelli accademici pur di imporre la loro agenda.
La scuola è lo snodo fondamentale di tutti i percorsi per la costruzione della società. Essa, educando o diseducando, contribuisce a formare cittadini e il capitale umano. Come dice la Caritas in Veritate, c’è professionalità lavorativa e imprenditoriale ma prima c’è una professionalità umana da formare senza la quale anche quella lavorativa e professionale – e la cosa vale per tutti i campi – viene meno e si degrada.[…….]
Normalmente si pensa che nell’educazione sia centrale la persona dell’educando e che, quindi, nella scuola sia centrale la figura dell’alunno o dello studente. La cosa ha una sua verità, dato che nella scuola si cerca la verità e la si trasmette alle nuove generazioni per la loro maturazione completa. Questa centralità dell’educando è stata riscoperta anche nella cultura cattolica tramite le correnti del personalismo cristiano del 900 e, dopo il concilio Vaticano secondo, la centralità della persona “Principio soggetto e fine della società” ha ulteriormente accentuato questa impostazione.
La scuola è per l’alunno…….. Ma l’alunno per chi è?
Come si dice che la società è per la persona, si tende anche a dire che la scuola, che è come una società in piccolo, è per l’educando. Ma l’educando per chi è? Qui si dividono due modi molto diversi di intendere la scuola.
La chiesa cattolica ha sempre sostenuto che la persona è per Dio e che, quindi, il fine ultimo della società lo si persegue ordinandola a Dio in tutte le sue dimensioni. Così è anche per la scuola. Anche essa deve essere ordinata a Dio, che deve avervi un posto centrale. Solo in questo modo può essere perseguito anche il bene dell’educando, che non è il fine ultimo.
Si va invece imponendo la visione opposta: se la scuola ha come fine la persona, Dio non può trovarvi posto o, comunque, avrà un posto laterale secondario ma non centrale. Il personalismo educativo ha quindi prodotto delle conclusioni non previste, ha favorito l’allontanamento di Dio dall’educazione ponendo al primo posto la persona. Ma in questo modo anche questo obiettivo è diventato impossibile perché senza Dio la persona non sa chi è, gli educatori non sanno chi sia l’uomo che essi devono educare. Si sono così configurate due tipi di scuola: una scuola che, avendo al centro Dio e assumendo come maestro Gesù Cristo, si ritiene essere un luogo comunitario di educazione di quanti vi operano alla loro vocazione trascendente; oppure una scuola che si concentra orizzontalmente sui bisogni umani dell’educando, dimenticando la prospettiva religiosa. La stessa scuola cattolica, col passare del tempo, ha di molto tralasciato la centralità di Dio nel processo educativo e si è adattata a modelli molto più laici. In tutti questi casi il punto di passaggio è stata la centralità dell’educando. Nel XIX secolo gli Stati liberali europei iniziarono a togliere alla chiesa il monopolio dell’educazione. Dal punto di vista della sostituzione della centralità della persona alla centralità di Dio, risulta incomprensibile la lotta contro di loro sostenuta dai sommi pontefici. Risulta invece comprensibile e addirittura auspicabile quella richiesta degli Stati. Il Giuseppinismo consisteva nel chiudere le scuole gestite dalla chiesa dando vita ad un insegnamento pubblico statale. Questo insegnamento pubblico non era neutro. In esso mancava ogni riferimento a Dio e la sua filosofia di fondo divenne il positivismo, che nella seconda metà dell’ottocento era diventata una specie di religione civile degli Stati europei, a cui non si sottrasse nemmeno lo Stato italiano di Depretis e Crispi. La scuola pubblica statale, quindi, si contraddistingueva in negativo per la sua contrapposizione alla scuola della Chiesa, e in senso positivo perché mirava alla creazione di una mentalità e una cultura nazionale capace da fare da collante spirituale laico allo Stato.
La Chiesa ha il diritto e il dovere di governare l’educazione pubblica.
Di fronte a questo processo di esclusione della religione cattolica dalla pubblica educazione e di subordinazione della stessa al potere civile, i pontefici dell’epoca reagirono con vigore rivendicando per la Chiesa un diritto originario di governare l’educazione pubblica. Le proposizioni 45, 46 e 47 del Sillabo, annesso all’enciclica Quanta Cura di Pio IX dell’8 dicembre 1954, sono a tal proposito, molto chiare. Ciò che risulta è l’impraticabilità delle vie personalistiche, ossia di considerare la persona dell’educando come il centro e il fine dell’educazione della scuola. Aver praticato questa strada e continuare a farlo è indice di ingenuità educativa.
Le scuole non possono che essere cattoliche
La posizione di quei sommi pontefici risulta oggi incomprensibile a chi ha intrapreso la strada della centralità della persona nella scuola. Ed è infatti una posizione che viene condannata e rigettata. Essa però poneva in forme adatte ai tempi un modo difficilmente eludibile. Cosa può indurre una persona a penetrare così nel profondo di sé e trarne fuori verità talmente assolute da dare un senso ultimo alla sua esistenza se non Dio? Chi, se non lui, può salvare il percorso educativo dal suo sempre possibile esito nichilistico? L’uomo non afferra se stesso se non viene a sua volta afferrato da Dio. Come giustificare un percorso di ricerca della verità se non in virtù di colui che è la Verità? Se l’educazione è un percorso di libertà, non potrà essere certo la singola persona a liberarsi – dato che è proprio essa a manifestare il bisogno di essere liberata – ma Dio. La comunità degli educatori da dove riceve il diritto di intervenire così in profondità nella vita dell’educando se non per il bene assoluto di quella persona e chi può sostenere questo bene assoluto se non Dio, che è il Bene? La chiesa dell’ottocento rivendicava a sé stessa un diritto originario ed assoluto sull’educazione e sulla scuola. Le scuole non potevano che essere cattoliche. Ciò non per un desiderio di potere o per gestire un monopolio lucrativo. Se l’educazione è l’incontro della persona con il vero, il bello e il buono, poteva forse mancare da questo luogo Gesù Cristo? E il vero, il bello e il buono potevano essere raggiungibili senza Gesù Cristo? Nella scuola la persona si incontra con Gesù perché vuole incontrarsi fino in fondo con se stessa, questo è il punto, e quindi lì la Chiesa deve esserci. L’educazione della persona ha sempre un carattere assoluto, perché la ricerca dell’uomo non si ferma fino a che non arriva al fondamento ultimo del senso. Questo fondamento ultimo ha sempre carattere assoluto e non può essere l’uomo: un umanesimo assoluto è una contraddizione in termini e una cosa funesta. Ecco perché l’educazione o giunge a Dio o giunge ad un altro assoluto, che possieda l’anima dell’educando con la stessa forza ma non nella stessa libertà. L’educazione non mira all’autodeterminazione, essa mira sempre, in un caso o nell’altro, a consegnarsi a qualcuno. Se questo è Cristo la consegna di sé significa anche il respiro della vera libertà, se è altri si sperimenta il fallimento, non meno assoluto però. Per questi motivi è necessario che i cattolici ricomincino a pensare ad una scuola con Dio al centro. Questo vale sia per gli aspetti strettamente educativi, ma anche per l’organizzazione sociale e politica della scuola stessa nella società attuale.[…….]
Nell’800 la Chiesa contestava allo Stato il monopolio dell’educazione. Partita persa dato che oggi essa è completamente in mano allo Stato. Partita persa perché incentrando la scuola sull’educando e non su Dio, si è diffusa l’idea di averla fissata su un obiettivo laico, che anche lo Stato poteva perseguire. Fu così che la scuola confessionale fu considerata “di parte“ mentre la scuola statale fu considerata non di parte. La realtà è esattamente il contrario. Già nell’ottocento lo Stato nelle proprie scuole insegnava una sua religione, la religione massonica di un umanitarismo universale sul tipo del libro aperto “Cuore“ in cui la parola Dio non viene mai pronunciata. Oppure la religione del prete apostata Ardigò : Il positivismo. Oppure la religione del vate Giosuè Carducci e del suo “inno a Satana“.
La drammatica situazione di oggi
Oggi, però, lo Stato non è da meno… anche oggi, in un clima di apparente pluralismo culturale ed educativo, nella scuola statale si insegna una nuova religione che, nel caso migliore, è la religione del relativismo e nel caso peggiore è quella del neo-catarismo. La penetrazione della ideologia del gender e dell’uomosessualismo nella scuola pubblica è una penetrazione organizzata e sistematica che, in progressione, non lascerà nessuno spazio di libertà. Ma anche lasciando da parte queste forme acute di oppressione educativa, la scuola di Stato veicola un pensiero unico penetrante e invasivo:
- Elimina sistematicamente alcuni autori
- Dà una visione antireligiosa del sapere
- Assume un’ottica illuminista e neo illuminista
- Tace su interi periodi della storia umana come il medioevo
- Uniforma i testi scolastici alla medesima ideologia
- Denigra la storia della Chiesa
- Assume il criterio cronolatrico secondo cui il nuovo è anche migliore
- Condanna conforme di damnatio memoriae personaggi e periodi storici considerandoli ideologicamente il male assoluto.
La scuola di Stato non educa ed inoltre limita le paritarie
Leone XIII, nel 1879, davanti al dilagare della religione positivista nelle scuole italiane, scrisse l’enciclica Aeterni Patris,con la quale rilanciava la filosofia di San Tommaso. Egli aveva percepito la gravità del problema. Aveva capito che la scuola di Stato non era neutra ma governata da un assoluto naturalista e razionalista sostanzialmente anticristiano E che, se non contrastata, avrebbe distrutto l’educazione stessa. Oggi, molti si chiedono se la scuola statale educhi ancora. Molti rispondono di no e questo senza nulla togliere alla grande e solerte dedizione di molti insegnanti.
Molti si chiedono anche se il sistema della scuola paritaria sia sufficiente a ridare alla Chiesa degli spazi veri di azione educativa nella scuola. Un sistema pubblico integrato come avviene nella scuola italiana, a parte l’aspetto della parità economica che non viene garantito, sembrerebbe idoneo a quello scopo. C’è però da dire che la scuola cattolica paritaria viene inserita in un contesto che ne limita di molto la libertà. La programmazione delle abilità, i criteri di valutazione, i sistemi di valutazione, la tipologia delle prove sono elementi che la scuola di Stato impone alle scuole paritarie. Essi non sono mai neutri, ma funzionali ad un modello di educazione. Le circolari, gli orientamenti, le indicazioni per il recupero delle difficoltà, la normativa per le attività complementari o di sostegno sono emesse dallo stato e vengono recepite dalle scuole paritarie cattoliche con scarsissima creatività. Molto spesso, a parte casi di forte identità nelle convinzioni degli operatori, nelle scuole paritarie si insegna nello stesso modo delle scuole statali, solo, magari, con la messa all’inizio e alla fine dell’anno scolastico.
La scuola non deve essere dello Stato ma della Chiesa
Se nella scuola e nell’educazione avviene qualcosa di molto più fondamentale che non l’apprendimento di alcuni rudimenti e comportamenti, la prima titolarità educativa appartiene ai genitori, che per primi si sono assunti il compito di educare i loro figli davanti a Dio e secondo i suoi insegnamenti. Nella scuola il bambino mette in rapporto la propria più profonda intimità con la verità e, così facendo, si mette in cerca dell’assoluto, perché niente di relativo lo soddisferà mai più. Questo rapporto dell’educazione con l’assoluto, che era già stato messo in evidenza da Socrate, richiede che a sorvegliarne il processo siano i genitori, gli unici ad avere le chiavi dell’intimità dei propri figli non in assoluto ma secondo il progetto di Dio su di loro. I genitori cristiani hanno una sapienza del cuore rispetto alla vita dei loro figli che deriva loro dall’averlo concepito nella luce di Dio. Ma c’è anche una Sapienza naturale che conferisce ai genitori questa capacità, anche se senza la fede rischia di non avere sufficiente sostegno nella vita concreta.
Intesa in questo modo, la responsabilità dei genitori nell’educazione dei figli coincide in fondo con la responsabilità della Chiesa. Rivendicando il primato dei genitori sullo stato, la Chiesa non si limita a rivendicare un elemento di diritto naturale, ma vi aggiunge anche un motivo squisitamente religioso: i figli sono di Dio e, vicariamente, dei genitori che li educano nel progetto di Dio. Tramite la centralità della famiglia, la Chiesa riconduce il tema al suo vero cuore: la centralità di Dio.
A questo fine giunge in aiuto la dottrina della sussidiarietà, secondo cui lo stato non può sostituirsi alla famiglia nei compiti che le sono propri per natura e per disegno divino, deve piuttosto aiutarla a perseguirli con le sue forze o con l’aiuto delle società superiori che tuttavia non deve mai essere di sostituzione, ma di aiuto sussidiario e supplente.
Due sono le questioni fondamentali da considerare:
- La prima riguarda la possibilità di dar vita a una scuola aperta a chiunque, utile alla salvezza delle anime e capace di presentarsi come un luogo attraente, non dominato soltanto dalla preoccupazione di sorvegliare e punire.
- la seconda questione è quella di definire positivamente il ruolo dell’insegnante che fa dell’insegnamento il proprio ministero apostolico. Non più, dunque, solamente un mestiere, ma un’azione derivante da una speciale consacrazione e finalizzata alla salvezza eterna dei giovani studenti, specialmente quelli provenienti da situazioni di povertà e disagio sociale.
Per tali motivi, è importante, che durante la giornata scolastica sia dedicato il tempo necessario alla preghiera e alla riflessione spirituale e che gli insegnanti, trasformati in autentici testimoni del Vangelo, si sentano costantemente tenuti a fornire il buon esempio ai giovani. La scuola cristiana e l’attività di coloro che vi operano hanno senso soltanto se inquadrate nel disegno salvifico predisposto da Dio per l’umanità. Educare significa soprattutto cooperare con il Signore affinché le anime conquistino il paradiso. La fede interpella la ragione e, quindi, le discipline, le “materie“ scolastiche. Questo richiede che la fede sia considerata come un “sapere“, altrimenti non può pretendere di interloquire con le discipline di insegnamento. La vera scuola cattolica fa passare l’Annunzio anche attraverso le discipline, i saperi particolari. In gioco c’è la possibilità o meno di un “universo del sapere”, senza del quale i nostri figli saranno sperduti e soli.
Una scelta accurata dei docenti
La prima basilare certezza riguarda la necessità di poter disporre di maestri fedeli al Vangelo, perché l’educazione cristiana presuppone la presenza di educatori ben formati: particolare cura per la preparazione degli insegnanti.
Non punizioni ma persuasione
Innanzitutto, una nuova concezione della disciplina, che non viene più basata sui castighi e punizioni, bensì sulla persuasione. Al maestro devono stare a cuore le convinzioni interiori maturate dall’alunno e non certo la sua paura nei confronti degli educatori. È necessario tenere in speciale considerazione il carattere e le propensioni naturali di ogni singolo allievo: i maestri devono sapere comprendere il più a fondo possibile la personalità dei giovani a loro affidati dalla scuola.
Educazione omogenea
Il termine educazione omogenea indica un modello educativo basato sull’attenzione alle specificità maschili e femminili, perseguita attraverso l’organizzazione di momenti educativi nei quali alunni e alunne vengono separati per sesso. Il concetto che sta alla base di questo modello educativo è che le differenze di genere tra maschi e femmine dovrebbero essere sempre tenute in adeguata considerazione, soprattutto a scuola, per favorire una crescita più armonica e completa dei giovani.
Differenze di genere in educazione
La recente diffusione del modello di educazione omogenea in alcuni paesi e l’estensione del dibattito sul confronto tra tale modello e quello della coeducazione (riferimento teorico della cosiddetta scuola mista) è dovuto al fatto che molte ricerche sembrano ormai dimostrare che il bene dell’educando può essere perseguito meglio se si tiene conto delle specificità del suo sesso. È stato accertato infatti che esistono forti condizionamenti neurobiologici che permettono di parlare di un modo maschile o femminile di apprendere e di conoscere. Tali condizionamenti non possono essere eliminati e non possono essere ignorati dagli insegnanti senza produrre danno. La cognizione della donna è in genere più emotiva e sintetica, più completa, ed è meno analitica. I ragazzi ,di solito, hanno più facilità nella percezione spaziale, nel ragionamento astratto, nel fare programmi a lunga scadenza e nello svolgere attività fisico motorie, mentre le ragazze sono meglio predisposte alla padronanza del linguaggio, all’arte e alle scienze sociali.
Storicamente, nella maggior parte dei casi, l’educazione a scuola avveniva in ambiente omogeneo fino a metà degli anni 60. Da allora in poi si è progressivamente diffusa la scuola mista, ma si è trattato di una scelta organizzativa che non è stata preceduta da studi e da sperimentazioni. In effetti, non è facile trovare pubblicazioni scientifiche anteriori a quel cambiamento che lo giustifichino pedagogicamente. Il primo Congresso internazionale sull’educazione impartita in ambiente omogeneo/ misto si è svolto a Barcellona (Spagna) nell’aprile del 2007, organizzato dalla European Association single sex education, i cui atti sono disponibili in rete.
Il secondo Congresso internazionale si è svolto a Roma nel 2009. Ne è emerso tra l’altro che attualmente nel mondo sono circa 40 milioni gli studenti che frequentano scuole omogenee. Gli atti del Congresso sono stati pubblicati dall’editore italiano Armando. È una sintesi ed è disponibile in rete.
La situazione in Italia
Attualmente in Italia il modello omogeneo è statisticamente quasi irrilevante. Le uniche istituzioni scolastiche nelle quali è presente un progetto di educazione omogenea, quale conseguenza della più ampia opzione per l’educazione personalizzata, sono quelle che adottano il sistema educativo
Infatti è molto diffusa l’opinione che l’unico modello scolastico esistente sia quello misto. A conferma di ciò, si aggiunge il fatto che periodicamente appaiono sui principali organi di stampa alcuni articoli che, sebbene diano notizia del dibattito sul confronto tra scuole miste e scuole che adottano un’educazione specifica per ragazzi e ragazze si riferiscono però soprattutto a ricerche internazionali. Sul piano scientifico, alcuni studiosi hanno sottolineato l’anomalia di un sistema di istruzione che, in quanto pubblico, dovrebbe contemplare entrambe le possibilità, sia per soddisfare la richiesta delle famiglie, sia per alimentare un confronto basato su ricerche sperimentali e non su contrapposizioni ideologiche. Per questo motivo, da alcuni anni si valuta la consistenza degli elementi a favore di entrambi i modelli educativi nell’ambito di convegni o di corsi universitari. In particolare si vede la necessità di trovare nuove strade per una educazione più attenta alle esigenze degli alunni, anche sotto l’aspetto della loro identità di genere.
Dal 2007, presso alcune università si è cominciato ad affrontare il tema nel contesto delle attività di formazione per futuri docenti di scuola secondaria superiore. È emerso infatti che nella scuola mista italiana ci si è a volte limitati a mettere insieme maschi e femmine, pensando che la semplice vicinanza dei due sessi fosse sufficiente a produrre effetti positivi.
La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che nella scuola italiana non sempre c’è una adeguata attenzione alle specificità dei due sessi.
Infatti ai ragazzi e alle ragazze vengono di solito offerti i medesimi stimoli educativi, con gli stessi metodi, gli stessi ritmi, i medesimi stili, senza tenere conto delle loro differenze neurobiologiche e del loro diverso modo di vedere la realtà. Tali differenze, a giudizio dei più, andrebbero valorizzate in una prospettiva di collaborazione e non ignorate o esasperate.
In Gran Bretagna c’è una tradizione molto radicata di educazione omogenea, sia tra le scuole statali che tra quelle non statali.
La National Foundation for educational Research ha pubblicato nel 2002 i risultati di uno studio su quasi 3000 high schools per un totale di 370.000 alunni, giungendo alla conclusione che il rendimento degli studenti delle scuole omogenee è nettamente più alto rispetto alla media.
Quale pedagogia?
La pedagogia vincente e salutare per i ragazzi è la pedagogia preventiva di Don Bosco fondata su tre colonne: ragione, religione e amorevolezza.
Purtroppo, nella maggior parte dei casi, è stata sostituita dai sistemi rivoluzionari inaugurati da Maria Montessori (1870-1952) da un lato e da don Lorenzo Milani (1923-1967) dall’altro, la cui amalgama si è trasformata in una caotica e deleteria cultura della diseducazione, priva dei connotati autorevoli della sana gerarchia dei ruoli: Il maestro zelante (non l’amico) e l’allievo (fatto di anima e di corpo).
Il metodo preventivo della vincente pedagogia di Don Bosco erafondato su tre colonne la ragione, la religione, l’amorevolezza. La ragione era basata sul diritto naturale e sul diritto divino e dunque, ricca di buon senso, di armonia e di ferma consapevolezza del creato e della sfera trascendente. La religione era cattolica, unità, quindi, alle verità evangeliche, trasmesse da Santa Madre Chiesa, senza contaminazioni ateiste, liberali, massoniche, socialiste, relativiste…..
L’amorevolezza che il fondatore dei salesiani esigeva per i suoi educatori era determinante per capire al meglio l’alunno, quanto quest’ultimo, come persona fatta di anima e corpo, fosse importante per Dio e, dunque, per la missione educativa dell’insegnante.
Il sistema preventivo di San Giovanni Bosco
San Giovanni Bosco desiderava il bene totale dei suoi ragazzi destinati alla salvezza eterna grazie al sacrificio in croce di nostro signore Gesù e per questo li voleva liberare dai peccati. Non c’era competizione con il mondo, nella lotta di classe nella metodologia preventiva, che, dunque, non provocava stati di odio, invidie, rancori, ma soltanto solida preparazione spirituale e istruttiva per permettere ai giovani di diventare buoni cristiani e buoni cittadini – sintesi mirabile dell’essere persona, rispettata e stimata – qualsiasi mestiere avrebbero poi esercitato.
La gioventù, emigrata nell’ottocento dalle campagne in cerca di fortuna a Torino, era per la maggior parte in balia della strada e della delinquenza, fu così che il sacerdote piemontese ne salvò a migliaia e migliaia, presentando loro la via, la verità, la vita di Cristo; preparandoli a vivere nel mondo istruiti e professionalmente competenti; consegnando loro le armi della preghiera e dei sacramenti. La moltitudine dei suoi figli, sia sacerdoti che laici, diedero così nel mondo intero la possibilità di costruire, generazione dopo generazione, innumerevoli famiglie cattoliche.
Scrisse l’autore ne il sistema preventivo nell’educazione dei giovani, testo fondamentale per gli educatori salesiani, pubblicato per la prima volta nell’agosto del 1877: ”Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un istituto e poi sorvegliare in guisa che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli e amorevolmente correggano, che è quanto dire: preservate gli allievi di commettere mancanze.”.
Il sistema preventivo“ Rende avvisato l’allievo in modo che l’educatore potrà parlare con il linguaggio del cuore sia in tempo dell’educazione, sia dopo di essa. L’educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo, e anche correggerlo ”.
Il pessimo metodo Montessori e don Lorenzo Milani
Ben diverso il pensiero massonico, laico e femminista della Montessori, che percepisce l’educazione come libera spontaneità del bambino, concepito come un agente dell’evoluzione cosmica dell’umanità, non come fragile creatura di Dio, limitata dopo il peccato originale e, dunque, sempre in lotta, dentro e fuori di sé, fra ciò che è bene e ciò che è male. La pedagogia montessoriana si prefigge di stimolare l’energia del minore considerata particella del fuoco della vita universale, idee acquisite quando aderì al femminismo e all’esoterismo della Theosophical Society, fondata da Helena Blavatsky (1831-1891), filosofa, teosofa, saggista occultista e medium russa naturalizzata statunitense, e dal colonnello Henry Steel Olcott ( 1832-1907).
Don Lorenzo Milani, che si può ascrivere a buon diritto nell’alveo della teologia della liberazione, forgiò una pedagogia di carattere squisitamente socio politico. Le sue polemiche inerenti alla lotta di classe, di marxiana impostazione, diedero vita ad un sistema incentrato sulla cosiddetta presa di coscienza da parte dei ragazzi della loro disagiata condizione proletaria. I suoi giovani dovevano vivere a scuola 365 giorni all’anno: erano bandite le ricreazioni (tanto care a Don Bosco e tanto proficue per la proverbiale gioia dei suoi ragazzi) e persino l’attività fisica perché non dovevano distrarsi dalle attività intellettive, le uniche a poterli salvare dalla loro vessata condizione. E dalle aule, dove si formavano le menti, si parlava in circolo ed erano assolutamente prive di immagini sacre, perché la fede era una questione di cuore, come per l’abate Ferrante Aporti (1791-1858), falsamente proclamato fondatore degli asili in Italia mentre in realtà fu il cattolico marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo (1782-1838).
La pedagogia preventiva muove dalla convinzione dell’esistenza della verità e che tale verità è conoscibile
La pedagogia preventiva di Don Bosco presuppone che alla base dell’educazione vi sia la possibilità di motivare le regole imposte. Insomma, non si tratta della cosiddetta morale del pugno sbattuto sul tavolo bensì della morale che, imponendo regole, dà anche la spiegazione delle motivazioni che ne sono alla base. In questo senso si capisce molto bene come la spiritualità e il pensiero pedagogico di Don Bosco costituiscano valide ed evidenti risposte alla mentalità dominante nel diciannovesimo secolo. La morale di quel secolo era infatti di tipo autoritario, proprio perché figlia della filosofia kantiana. Tale pensiero aveva demolito la metafisica, affermando l’impossibilità di dimostrare l’esistenza di Dio; accorgendosi poi dell’incapacità, in tal modo, di costruire una morale universale.
Di questa pedagogia fondata sul riconoscimento della verità e di una morale basata sulla persuasione era inevitabilmente un rapportarsi positivo e gioioso nei confronti della vita.
Educazione parentale
- La centralità di Dio nell’educazione scolastica.
- Se l’educazione è l’incontro della persona con il vero, il bello e il buono, in ogni materia non può mancare Gesù Cristo.
- La scuola di Stato è un abuso. La responsabilità dell’educazione è dei genitori e della Chiesa .
- Lo scopo degli insegnanti è quello di indicare il Paradiso. Il compito degli insegnanti non si esaurisce nella trasmissione del sapere, ma deve essere caratterizzato da una viva preoccupazione morale e religiosa.
- Solo svantaggi con le classi miste maschi e femmine. L’introduzione delle classi miste negli anni 60 fu imposto senza basi scientifiche e oggi gli alunni ne subiscono le conseguenze.
- Non è necessario suddividere le classi per fasce di età. Si può ad esempio portare avanti l’apprendimento in una classe dove siano presenti ragazzi che vanno dai 12 ai 15 anni. Oppure nel caso della scuola primaria bambini che vanno dai 6 agli 11 anni. Nella maggior parte delle scuole vi è la separazione dell’età, all’incirca uniforme nelle diverse classi. È un errore fondamentale, che dà luogo ad ogni specie di altri errori: è un isolamento artificiale che impedisce lo sviluppo del senso sociale. Nelle scuole dove non c’è questa separazione in base all’età diverse si è dimostrato che i bambini si aiutano uno con l’altro; i piccoli vedono ciò che fanno i maggiori e chiedono spiegazioni, che questi danno loro volentieri. Naturalmente la figura dell’educatore deve essere ben preparata per poter gestire le diversità di ciascun discepolo. Pertanto è bene ripetere l’importanza della buona formazione dell’educatore e della sua empatia con i bambini o ragazzi. A tal proposito anche se si ha un piccolo numero di iscritti non è determinante per poter iniziare. Si può iniziare una scuola parentale anche in due o tre bambini/ ragazzi.
- Troppa scuola fa male. Il mito del tempo pieno lavora contro la famiglia: oggi i nostri bambini trascorrono a scuola più tempo di quello che i genitori trascorrono in ufficio.
- La scuola dell’obbligo non esiste. All’istruzione dei propri figli ci pensano i genitori perché nessuno può costringerli a mandare a scuola i propri figli
- Don Milani e Montessori? Meglio Don Bosco. Il metodo educativo di Don Bosco era fondato su ragione, religione e amorevolezza (Ben diverso il pensiero massonico e femminista della Montessori o quello sessantottino e socio politico di Don Milani.
- Don Lorenzo Milani, un cattivo maestro. Il parroco della Barbiana ha contribuito alla devastazione della scuola italiana (che non premia i meriti, toglie autorevolezza al docente, non prepara alla vita, non educa, anzi devasta i ragazzi.
- Il metodo Montessori è diseducativo perché nega il principio di autorità. Nata 150 anni fa, Maria Montessori nega il peccato originale e quindi basa il suo metodo educativo sulla spontaneità (il successo è dovuto al fatto che si adatta perfettamente a pacifismo, ambientalismo, gender,ecc.)
- La chiesa deve riappropriarsi della scuola. La regalità sociale di Cristo prevede per la Chiesa un proprio ruolo originario (e non derivato) nell’educazione di bambini e giovani, ecco perché oggi l’unica strada percorribile è quello delle scuole parentali cattoliche per sganciarsi dall’opprimente statalismo
- I figli sono di Dio non dello Stato. Da Platone allo Stato moderno si afferma l’ideale utopistico di cittadini orfani della famiglia, mentre i figli possono educarli solo i genitori e la Chiesa.
- La Chiesa (e non lo Stato) ha il diritto (e il dovere) di educare i nostri figli. Il diritto /dovere dei genitori di educare i figli si fonda sul diritto / dovere della Chiesa di istituire e gestire le scuole, infatti espulsa la Chiesa dalla pubblica educazione, il mondo educa non solo i figli, ma anche i genitori
- Educare i bambini in un mondo alla rovescia. Il compito educativo spetta ai genitori: non alla scuola, non allo Stato, non agli esperti, ma ai genitori (che devono creare ambienti educativi in sintonia con i principi cristiani). Come è possibile dare ai figli un’educazione fondata sui valori spirituali, sulla modestia, sulla castità in un mondo nel quale l’imperativo è il godimento, l’imbarbarimento la norma, la bruttezza, la sciatteria e la provocazione dei valori? Quando il modello adolescenziale (con l’adolescenza protratta oltre i trent’anni) impone il tatuaggio, il piercing i luoghi più o meno visibili, i party più strani e trasgressivi, la musica più tribale e triviale, ha senso resistere, opporsi? Non si rischia di far sentire il proprio figlio strano una mosca bianca, un disadattato (mai parola indica più chiaramente il ribaltamento valoriale al quale stiamo assistendo)? Durante la crescita I figli hanno bisogno di essere rassicurati, di sapere che “vanno bene“ che sono adeguati. Questo è un bisogno fondamentale che, se soddisfatto, costituisce la premessa per la costruzione di quella vera personalità conforme al proprio progetto, di cui dicevamo sopra. La loro adeguatezza deve però trovare conforto nel mondo dei pari. Non si sentono adeguati confrontandosi con chi è completamente diverso da loro (con gli adulti, in questo caso) ma con chi è -o dovrebbe essere- simile a loro: Il gruppo dei pari. Per questo gli amici sono così importanti per gli adolescenti: sono i coetanei che possono fare da specchio, non più i genitori. Sentirsi adeguati per gli adulti (genitori, nonni….) ma non per i coetanei non da quella sicurezza della quale i ragazzi hanno bisogno (a meno di trovarsi di fronte a ragazzi particolarmente strutturati, forti e sicuri; cosa sempre più rara anche tra gli adulti, al giorno d’oggi). La soluzione, forse di difficile applicazione, c’è. Si tratterebbe di costruire attorno ai ragazzi un ambiente di coetanei educati in modo cristiano, metafisico, valoriale;in questo modo la loro domanda di adeguatezza sarebbe soddisfatta e crescerebbero con punti di riferimento diversi da quelli-deprecabili-proposti dalla nostra società.
- I compiti a casa fanno più danni che benefici. La Finlandia, al top delle classifiche sull’educazione, ha abolito i compiti, mentre in Italia la situazione è disastrosa anche (ma non solo) per lo stress dei compiti. Stiamo parlando di un problema grave che coinvolge tutti: docenti, studenti, genitori. Lo studio domestico è inutile, perché le nozioni che sono memorizzate per l’interrogazione del giorno successivo, dopo un breve periodo di tempo vengono dimenticate, perché si attiva solo la memoria a breve termine: non c’è apprendimento; si tratta di un sapere usa e getta. Poi è discriminante, avvantaggia chi è già avvantaggiato, dalla presenza di una figura che lo segue nel pomeriggio-molti genitori lavorano entrambi e quindi sono penalizzati-o dalla maggiore capacità già acquisita: chi fa più difficoltà in classe di certo non recupera a casa, soprattutto se non può avvalersi dell’aiuto di genitori culturalmente, affettivamente o economicamente attrezzati, anzi il gap, rispetto ai compagni “più bravi“ aumenta: il giorno dopo i compiti chi è svantaggiato lo è ancora di più. E spesso nemmeno i genitori più presenti e istruiti possono essere d’aiuto. Di fronte a compiti difficili, incomprensibili (ma anche insensati) cresce poi l’avversione dello studente verso la scuola, soprattutto se ha già difficoltà: pensa di essere inabile allo studio, e la scuola fallisce il proprio compito educativo; come dimostrano i dati dell’organizzazione per la cooperazione lo sviluppo economico sull’Italia. Il dato paradossale riguarda, appunto, i compiti: a fronte di una mole doppia, tripla e in certi casi quadrupla di compiti assegnati, rispetto ai coetanei non solo europei, il tasso di analfabetismo funzionale rimane in Italia uno dei più alti d’Europa. Si tratta dell’incapacità di usare in modo efficiente abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni di vita quotidiana. Sempre secondo e le ricerche OCSE , eccelliamo, purtroppo, nell’abbandono scolastico e per l’incapacità di compensare le diseguaglianze (meglio di noi anche Bulgaria, Romania, Ungheria). In altre parole, la scuola italiana non funziona più come ascensore sociale, al contrario è diventata un moltiplicare di diseguaglianza, accentuandone il carattere censitario. Il timore, suffragato anche dall’aumento delle “diagnosi“, sempre più precoci, e che addirittura si corre il rischio di far ammalare i sani. Un ulteriore dato dell’organizzazione mondiale della sanità evidenzia come gli studenti italiani siano tra i più stressati, i più insofferenti rispetto allo studio. Lo dimostrano comportamenti inquietanti come il terrore di ammalarsi dovendo poi recuperare i compiti non fatti, che si aggiungono ai compiti da fare al rientro. Le scuole migliori del mondo non danno compiti o ne danno pochissimi.
- L’urgenza della vera scuola cattolica. Prima lo Stato si dichiara neutro dai principi, poi colpisce chi rimane convinto dei propri principi, quindi educa secondo i suoi principi…… Non resta che uscire dal sistema
- La scuola parentale cattolica, pur con le sue difficoltà, è la via principale da battere per garantire all’educazione cattolica la coerenza.
La scuola parentale cattolica utilizza un curriculum classico, che combina «un’ampia educazione artistica con una forte enfasi sullo sviluppo delle virtù cristiane e l’apprezzamento della bellezza». La vita intellettuale non deve essere separata dalla vita spirituale, né dallo sviluppo del carattere.